domenica 8 gennaio 2017

La qualità, la sovrabbondanza, il rumore

Il concerto inizia con un canto di questua inglese del 1800, dagli echi celtici, bellissimo, bene eseguito strumentalmente e anche ben cantato. Anche i brani che seguono sono su quella falsariga, spaziando nella suggestiva tradizione della musica popolare dell'Europa nord occidentale, ma... non è un piacere, i suoni arrivano confusi e impastati, le orecchie alla lunga fanno male! Sarà la pessima acustica delle chiese di fine Novecento, dagli esagerati muri di cemento; saranno le due piccole casse acustiche a cui affluisce la gran quantità di microfoni, che a uno sguardo superficiale e maligno sembrano più adatte a un comizio sindacale improvvisato che a non un concerto; sarà il mixer posizionato appena davanti ai musicisti, alla faccia di quello che sentiamo noi venti metri più indietro. Comunque sia, l'effetto finale è disastroso.

Il “rumore” a cui mi riferisco nel titolo non è solo quello del concerto dell'altra sera, ma piuttosto lo intenderei – più o meno come in elettronica e in informatica - come quel qualcosa che “sporca” un messaggio e lo modifica, anche radicalmente, nel suo percorso dall'emittente al ricevente. Cioè: tu mi dici una cosa e io ne capisco un'altra!

Nelle prime file, durante il concerto, intravedo telefonini forse di ultima generazione, comunque potenti e luminosi, con cui alcune signore fanno i video, tutti tenuti rigorosamente verticali, così che la metà alta dello schermo è sistematicamente sprecata a mostrare le pareti vuote della chiesa, mentre nella stretta inquadratura ci stanno solo una cantante o un suonatore per volta e gli altri bisogna andare a cercali con movimenti continui: video rassegnati a non rendere l'insieme di quello che succede, a non apparire mai decentemente in un televisore, quando basterebbe girare l'aggeggio in orizzontale per sfruttare l'ampia visione del grandangolo e per rendere disponibile il tutto magari anche a un montaggio con Steven Spielberg!

Non è poi solo un discorso di qualità del messaggio o del canale di comunicazione (il video in HD, la banda larga), ma soprattutto di codici che occorre avere i comune, di significati denotati (precisi, univoci, quasi inequivocabili) e connotati (quelli viceversa, anche molto diversi l'uno dall'altro, che i singoli o i gruppi attribuiscono, per storie loro personali) che ogni messaggio si porta dietro.
Perché in un mondo come il nostro in cui la ridondanza e precarietà dei mezzi di comunicazione (le cose si buttano via ogni pochi mesi) mettono spesso in seria difficoltà gli umani che quei mezzi si trovano a utilizzare, alla fine il rumore, in senso esteso, analogico, evocativo, è forse la cifra più caratteristica della comunicazione oggi.
Se no non si spiegherebbe come, in presenza di mezzi non solo facili e potenti come mai nella storia, ma praticamente ormai nelle mani di tutti, la comunicazione tra le persone, a tutti i livelli, dai più personali ai più politici, appaia desolatamente povera e difficile.
E non si spiegherebbe l'assuefazione, la rassegnazione, l'abdicazione dei sensi e della ragione di fronte a concerti cacofonici, a video e film dalle immagini deformate, ad aggeggi digitali utilizzati a volte con lo stesso atteggiamento dei cartoni animati “I pronipoti” degli anni Sessanta!
Cioè abbiamo in mano attrezzi molto spesso di una bellezza e qualità assolute (le voci e gli strumenti musicali, così come certe macchine elettroniche e digitali - Apple stores ormai più raffinati di Swarovski! - e software dalle possibilità mirabolanti), ma le modalità con cui siamo ormai abituati a consumarli, oggetti ed eventi, per lo più superficialmente, passivamente, perché “si deve” più che per convinzione, fa sì che ci sentiamo appagati dal semplice fatto di “usarli”, spesso senza nemmeno la cura di verificare se il risultato finale sia conforme alla qualità degli attrezzi o alle nostre intenzioni.
C'è troppo di tutto, non riusciamo a starci dietro, ci vergogniamo ad ammetterlo, e ci adeguiamo alle mode, ai costumi del branco. Mentre la qualità scivola sempre più in basso, come la immagini spazzatura, fotografie e video, che tolgono visibilità a quelle pure belle che qualcuno per fortuna si ostina a pubblicare nei social network, come l'assalto generalmente vincente dei mediocri alla cultura, alla società civile, alla politica, con risultati che – comunque la si veda e la si pensi – rendono la generale insoddisfazione l'altra cifra caratteristica, insieme con il rumore, del tempo presente.
Ricerca eccessiva della qualità dei singoli oggetti (sempre più belli, da rimirare in modo narcisistico, da specchiarsi) e rinuncia generale alla qualità dei risultati (sempre più irrilevanti e deludenti). Metafora riuscita di una società bipolare in cui, per fare un altro esempio, mentre si stabiliscono norme igieniche e sanitarie a volte ossessive nelle mense delle scuole o degli ospedali, si lascia che tutti veniamo avvelenati un poco ogni giorno dall'aria, dall'acqua, dall'alimentazione, lasciate in balia della legge inappellabile del profitto.

Il giorno dopo però, altro evento musicale: chiesa rinascimentale, come pure i cori, del 1500-1600. Niente microfoni o amplificazione, voci limpide e pulite e perfino, da ogni postazione, nonostante le dimensioni ragguardevoli dell'edificio, si capiscono distintamente le parole, pur col quel marcato riverbero che nei software di elaborazione sonora non a caso chiamano “effetto cattedrale”. A parte alcune parti in cui interviene una dulciana rinascimentale, l'antenato del fagotto, l'unico strumento che accompagna è l'organo, il gran padrone di casa, il signore di quella musica.
Io sto in piedi e mi muovo, un po' perché fa un freddo terribile (non c'è alcuna forma di riscaldamento e siamo probabilmente sotto zero) e un po' anche perché mi piace ascoltare da diversi punti della chiesa, osservando anche i soffitti, i dipinti, gli altari: in quell'ambiente, quella musica è perfetta, oggi come 500 anni fa! Il pubblico è coinvolto e attento e se ne sta per tutto il tempo in silenzio, per intervenire solo alla fine con un applauso lungo, forse commosso. Clamoroso, ma perfino i video con i telefonini, in un contesto così generalmente “giusto”, vengono girati tutti orizzontali...
No, per la verità no, non tutti! Un signore proprio all'ultimo momento, con il suo smartphone tenuto in piedi, ci riporta dalla magia senza età alla realtà del presente. Ma forse sarebbe stato chiedere troppo!

photo credit: Rosa Menkman <a href="http://www.flickr.com/photos/68716054@N00/5350243675">PNG</a> via <a href="http://photopin.com">photopin</a> <a href="https://creativecommons.org/licenses/by/2.0/">(license)</a>
photo credit: Martin uit Utrecht <a href="http://www.flickr.com/photos/79847371@N00/25406593593">MacBook Pro 15" concept</a> via <a href="http://photopin.com">photopin</a> <a href="https://creativecommons.org/licenses/by-nc-sa/2.0/">(license)</a>

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