domenica 14 aprile 2013

L'impossibilità di essere digitali


L'impossibilità di essere normale (Getting Straight) è un film cult americano dei primi anni Settanta. Sono i tempi in cui a suon di musica rock, minigonne, droghe, radicalismo politico di massa, amore libero, si verifica uno dei più ampi distacchi generazionali della storia. Con anche la capacità, per un certo periodo, di correggersi per respingere le generalizzazioni, i luoghi comuni, i recuperi di tipo commerciale. Si afferma la “moda” femminista e le donne scelgono per alcuni anni di non mostrare più le gambe (nel momento forse di massima libertà sessuale che si ricordi, anche perché non c'era ancora l'AIDS), e alle rivoluzioni “tradizionalmente” ricondotte nel filo del classico marxismo leninismo si sostituiscono le rivolte creative e disperate del '77, gli indiani metropolitani, il punk!
Bologna, Piazza Verdi 1977
Sul piano tecnologico, forse per caso, forse no, proprio in quegli anni ragazzini ventenni impongono al mondo una svolta di portata storica, inventando il personal computer!

Verrebbe quasi da dire: che cosa rimane da fare di nuovo, diverso, tragressivo alle giovani generazioni che verranno?
In realtà, basta viverci all'interno di qualcosa per sapere come i ragionamenti per schemi, se servono ad acchiappare il senso comune e a descrivere a grandi linee certi fenomeni, sono sempre molto relativi e, all'interno dei movimenti più o meno epocali, sono le storie vere, individuali o collettive, che ci riportano poi alla normale grandezza e debolezza del nostro essere umani, che è molto più costante e meno mutevole nel tempo di quanto a qualcuno non piaccia pensare.

Nel film “Roma”, un saccente Federico Fellini, mostrando ragazzi capelluti che si baciavano sui gradini di piazza di Spagna, commentava: “Per la loro generazione, l'amore non è un problema!” E noi ragazzi di 20 anni di allora, avremmo voluto chiedergli: “Per loro chi?”
Analogamente, osservando l'altro giorno la bambina dai capelli rossi seduta nella fila davanti che, durante la proiezione di foto della spedizione al polo Sud dell'esploratore Shackleton, a un certo punto si mette a videogiocare con l'iPad, facendo andare le dita come io non sarei mai capace, viene anche naturale immaginarsi una generazione di “nativi digitali”: l'alibi perfetto per tutti gli adulti che al giorno d'oggi si ritrovano imbranati nell'uso della tecnologia, agganciato al luogo comune dato per scontato (e tutto da dimostrare), del ricorrente "gap" tra le generazioni!
La valigia dei burattini, scuola dell'infanzia 2013
A una osservazione un po' meno a senso unico - i passeggeri della metropolitana dai 15 ai 70 anni che tutti armeggiano con il telefonino, le chat degli over 50 affollatissime di gente che ne combinano di ogni on line, i vecchietti della casa di riposo che si entusiasmano a cercale le canzoni su YouTube, i pastori sardi che lanciano l'adozione di pecore a distanza su internet, i ragazzini di prima media che per la maggior parte, fuori dai pacchetti “preconfezionati”, ignorano completamente le più elementari elaborazioni di una fotografia - non sarebbe difficile riportare il tutto a normali interazioni tra umani, varie ed eventuali più che mai e che anzi oggi, in mancanza di veri movimenti che coinvolgano ampi strati sociali, presentano un appiattimento e un interscambio generazionale probabilmente senza precedenti: giovani e vecchi che – anche qui, senza ovviamente generalizzare – spesso condividono la stessa musica, la stessa cultura, la stessa tecnologia (diversamente usata, ma per lo più con un con un analogo grado di superficialità), la stessa insoddisfacente e vacua ideologia di apparenza e di mercato che – eccezioni pure trasversali a parte – sembra dominare su tutto.

L'altro giorno i bambini della scuola dell'infanzia si affollavano entusiasti a pescare nella valigia dei burattini. Davvero qualcuno crede che sarebbe stata più appropriata per la loro “natura”,  una borsa di iPad?

Nessun commento:

Posta un commento