mercoledì 10 ottobre 2012

Caro Ministro, ma davvero pensi alla scuola possa servire un “tablet” in ogni classe?

Rileggo la notizia: «Il Ministero quest’anno darà un tablet ad ogni classe per la gestione del registro elettronico, della comunicazione. Partiamo con scuole medie e superiori, l’obiettivo è creare una filiera complessiva” perché il tablet“ è lo strumento del futuro, l’equivalente di ciò che nel passato è stato il libro».
Prego? La comunicazione di che, a chi? E come funzionerà la cosa? I ragazzi – 30 per classe! - si passeranno uno per uno la magica tavoletta per toccarla e ricevere la “comunicazione”? E che cosa c'entra il registro elettronico con il libro? E la “filiera”? Siamo all'ortofrutta 2.0?

Sembra che stiamo assistendo al solito pasticcio molto italiano in cui con la paroletta magica si vuole dare l'impressione di dare una risposta “aggiornata” ai problemi della scuola, e nessuno sa davvero di che cosa si sta parlando.
Ricordate le precedenti “rivoluzioni”? Gli audiovisivi, e poi le aule informatiche, e appena ieri le LIM? Adesso i tablet! Ovvero, come riempire la scuola di tecnologia in modo totalmente approssimativo, ideologico e inutile!
Non sto qui a parlare degli edifici fatiscenti, degli insegnanti precari e frustrati, dei ragazzi demotivati, dei dirigenti “manager” che non riescono ad avere indietro dallo stato milioni di euro “anticipati” negli anni dalle scuole. Questi sono problemi grossi, e certo non si risolvono con un tablet (che in inglese, per chi lo conosce, vuol dire pastiglia, medicina!)
Parliamo invece di bambini e ragazzi che – dall'infanzia alle superiori, io l'ho verificato costantemente (sarò l'unico?), da decenni - quando riesci a coinvolgerli e a farli giocare, pensare e immaginare con le parole, i numeri, le scienze, l'arte grafica, il teatro, la musica, il disegno, la tecnologia quale che sia, sempre (ripeto la domanda: sono l'unico ad averlo visto?) rispondono con partecipazione, voglia di fare, spesso vero e proprio entusiasmo. Perché il loro problema principale – banalissimo, lo ripetono da sempre gli psicologi ma la scuola come istituzione non ne tiene conto - è di potersi esprimere ed essere ascoltati. Persone che non vivono la scuola come un ambiente estraneo, renderanno poi meglio anche nell'apprendimento e useranno con proprietà la tecnologia che serve (che non necessariamente deve essere quella più di moda!?

Caro signor Ministro, il tablet sarà il “libro” del futuro. Ma la differenza con il passato è che non da oggi, ma da qualche decennio ormai, i libri, come i film, la televisione, la fotografia, i giornali e in definitiva tutto quel mondo di comunicazione in cui i ragazzi di oggi nascono, non solo chiunque lo può consumare, ma anche direttamente fare. A questo servirebbero i computer, e sembra che da 30 anni la preoccupazione più grande, diciamo del “sistema”, è di non farcelo capire! Con i computer ognuno di noi può assemblare in modo “professionale” quei contenuti che poi con aggeggi più agili come i tablet, i telefonini o altro, possono ancora più facilmente essere diffusi e condivisi. Quello che conta ed è significativo però non è l'aggeggio, ma i contenuti; non la possibilità non solo di accesso, ma di produzione!
Credo fermamente che uno dei problemi grandi delle nuove generazioni oggi – ancora prima che si ritrovino senza un lavoro e senza speranza nel futuro – sia da bambini intuire la possibilità grande di essere anche loro, fin da piccoli, usando mezzi digitali intuitivi e facilissimi, protagonisti possibili della società dell'informazione, e poi ritrovarsi in una scuola e in una società che sistematicamente deprimono le loro intuizioni e il loro entusiasmo e li addestrano unicamente al ruolo di beoti e passivi consumatori, condannati a non poter scegliere.
Senza esagerare con le generalizzazioni, il percorso dei nostri figli, dai 5 ai 18 anni, va spesso dall'entusiasmo alla noia. Con conseguenti ricadute sociali a volte pesantissime, dal bullismo alla droga.
E il ministro alle classi regala un tablet, perché è il libro del futuro!

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