mercoledì 31 ottobre 2012

Parigi a piedi? Noi selvaggi e le perline tecnologiche!

Sarò che sono io strano, forse un tecno vetero nostalgico, incapace di immaginare oltre la tastiera e il monitor monocromatico a fosfori verdi? Non credo. In fondo sto scrivendo l'incipit di questo articolo con Word  sul telefonino!
Ma il modo come ci riferisce oggi alla tecnologia mi lascia alquanto sconcertato e mi suggerisce l'idea della possibile proposta turistica del titolo.
Cioè, l'esempio di proporre tappe, strade, itinerari, scorciatoie, punti di ristoro, per visitare a piedi città grandi come Parigi, mettiamo che possa essere un discorso interessante. Oltre che bello, è salutare ed ecologico, e ho anche una discreta esperienza diretta di camminate in lungo e largo in città come Parigi, Londra, Roma, Barcellona, l'Avana, Belgrado. Si può anche fare un opuscolo o una pagina web in cui le parole “A PIEDI”, siano scritte belle in grande con sotto l'elenco più in piccolo di tutte le città disponibili per le nostre passeggiate assistite (se qualcuno del settore prende l'idea da qui, almeno me lo faccia sapere!). Ma sarebbe assurdo se poi, camminando per Parigi, l'attenzione si concentrasse sui nostri passi, ignorando la città!

E' esattamente quello che in generale mi sembra stia succedendo quando si sente parlare oggi per esempio di tablet e di LIM. Che cosa ci si fa di davvero diverso, di grazia, con questi aggeggi direttamente proiettati dentro il futuro?
Qualche giorno fa ero in una classe V elementare di Roma, dove strani bambini con strane maestre e strani esperti esterni lavorano sulla programmazione, usando il LOGO (pensiero “digitale” vero secondo alcuni, secondo altri probabilmente inutile fatica da altri tempi, oggi che per fare tutto basta comprare una “app”!). Lavoravano alcuni sulla LIM (usandola proprio come lavagna, non come proiettore!), dove anche gli altri dal posto potevano osservare, e alcuni nei banchi, su computer portatili. Era, banalmente, lo stesso lavoro con strumenti diversi, che hanno un uso specifico diverso. Era lavoro comunque di gruppo, perché i bambini lavorano bene in gruppo (e da questo punto di vista, il tablet da solo, in quanto strumento tipicamente individuale e di consultazione più che di produzione, rischia di rappresentare addirittura un regresso).

Quello che mi lascia francamente perplesso, in tutti questi decenni di continue “rivoluzioni” tecnologiche, è il nostro perdurante atteggiamento da “selvaggi” che si fanno abbagliare dalle perline che via via offre il mercato, sognando che possano cambiare la loro vita. Gli audiovisivi, le videocamere, i pc, internet, la LIM, i tablet. Non ci interessa capire come possono entrare davvero in rapporto con la nostra vita e il nostro lavoro, imparare a usarli con le loro possibilità e i loro limiti. Proclamiamo a gran voce che “questa sì è la novità definitiva” e il più delle volte ci fermiamo poi ad aspettare che qualcuno ci insegni come si usa. Atteggiamento vecchio, di chi crede di essere cresciuto con i libri e in realtà è stato formato, profondissimamente, dalla televisione!
Adesso è uscito Windows 8, che integra il “touch” per ogni device! E mi piacerebbe proprio vedere, a parte certi fantasiosi esercizi retorici, quanti nella realtà di un ufficio, o di in uno studio di progettazione, un posto cioè dove non si fa spettacolo, ma si lavora e si produce, sceglieranno di usare il touch screen invece del mouse. Per favore, non scherziamo!

mercoledì 10 ottobre 2012

Caro Ministro, ma davvero pensi alla scuola possa servire un “tablet” in ogni classe?

Rileggo la notizia: «Il Ministero quest’anno darà un tablet ad ogni classe per la gestione del registro elettronico, della comunicazione. Partiamo con scuole medie e superiori, l’obiettivo è creare una filiera complessiva” perché il tablet“ è lo strumento del futuro, l’equivalente di ciò che nel passato è stato il libro».
Prego? La comunicazione di che, a chi? E come funzionerà la cosa? I ragazzi – 30 per classe! - si passeranno uno per uno la magica tavoletta per toccarla e ricevere la “comunicazione”? E che cosa c'entra il registro elettronico con il libro? E la “filiera”? Siamo all'ortofrutta 2.0?

Sembra che stiamo assistendo al solito pasticcio molto italiano in cui con la paroletta magica si vuole dare l'impressione di dare una risposta “aggiornata” ai problemi della scuola, e nessuno sa davvero di che cosa si sta parlando.
Ricordate le precedenti “rivoluzioni”? Gli audiovisivi, e poi le aule informatiche, e appena ieri le LIM? Adesso i tablet! Ovvero, come riempire la scuola di tecnologia in modo totalmente approssimativo, ideologico e inutile!
Non sto qui a parlare degli edifici fatiscenti, degli insegnanti precari e frustrati, dei ragazzi demotivati, dei dirigenti “manager” che non riescono ad avere indietro dallo stato milioni di euro “anticipati” negli anni dalle scuole. Questi sono problemi grossi, e certo non si risolvono con un tablet (che in inglese, per chi lo conosce, vuol dire pastiglia, medicina!)
Parliamo invece di bambini e ragazzi che – dall'infanzia alle superiori, io l'ho verificato costantemente (sarò l'unico?), da decenni - quando riesci a coinvolgerli e a farli giocare, pensare e immaginare con le parole, i numeri, le scienze, l'arte grafica, il teatro, la musica, il disegno, la tecnologia quale che sia, sempre (ripeto la domanda: sono l'unico ad averlo visto?) rispondono con partecipazione, voglia di fare, spesso vero e proprio entusiasmo. Perché il loro problema principale – banalissimo, lo ripetono da sempre gli psicologi ma la scuola come istituzione non ne tiene conto - è di potersi esprimere ed essere ascoltati. Persone che non vivono la scuola come un ambiente estraneo, renderanno poi meglio anche nell'apprendimento e useranno con proprietà la tecnologia che serve (che non necessariamente deve essere quella più di moda!?

Caro signor Ministro, il tablet sarà il “libro” del futuro. Ma la differenza con il passato è che non da oggi, ma da qualche decennio ormai, i libri, come i film, la televisione, la fotografia, i giornali e in definitiva tutto quel mondo di comunicazione in cui i ragazzi di oggi nascono, non solo chiunque lo può consumare, ma anche direttamente fare. A questo servirebbero i computer, e sembra che da 30 anni la preoccupazione più grande, diciamo del “sistema”, è di non farcelo capire! Con i computer ognuno di noi può assemblare in modo “professionale” quei contenuti che poi con aggeggi più agili come i tablet, i telefonini o altro, possono ancora più facilmente essere diffusi e condivisi. Quello che conta ed è significativo però non è l'aggeggio, ma i contenuti; non la possibilità non solo di accesso, ma di produzione!
Credo fermamente che uno dei problemi grandi delle nuove generazioni oggi – ancora prima che si ritrovino senza un lavoro e senza speranza nel futuro – sia da bambini intuire la possibilità grande di essere anche loro, fin da piccoli, usando mezzi digitali intuitivi e facilissimi, protagonisti possibili della società dell'informazione, e poi ritrovarsi in una scuola e in una società che sistematicamente deprimono le loro intuizioni e il loro entusiasmo e li addestrano unicamente al ruolo di beoti e passivi consumatori, condannati a non poter scegliere.
Senza esagerare con le generalizzazioni, il percorso dei nostri figli, dai 5 ai 18 anni, va spesso dall'entusiasmo alla noia. Con conseguenti ricadute sociali a volte pesantissime, dal bullismo alla droga.
E il ministro alle classi regala un tablet, perché è il libro del futuro!

martedì 9 ottobre 2012

Pedalando in salita: il futuro digitale che abbiamo inventato, 3

Qualche tempo fa stavo pedalando sulla ciclabile per Botticino Mattina, là dove la pista per una cinquantina di metri si inerpica arrotolandosi come una scala a chiocciola e non permette di proseguire di slancio. Se non hai il cambio, devi scendere e farla a piedi, e se ce l'hai devi scalare un po' di rapporti per poter superare il punto in agilità.
C'è una signora anziana che scende tenendo la bicicletta a mano, speriamo che mi lasci lo spazio per passare... Lei mi guarda ed esclama: “Forza giovani!”
Oddio, tanto giovani proprio non direi!” e intanto ci scappa un piccolo sorriso, di saluto alla signora, ma anche di compiacimento, perché sono ormai in quell'età in cui certi commenti fanno comunque piacere!

Qualcosa di simile anche qualche giorno prima, su per il colle San Giuseppe, zona nord di Brescia, una salita non lunga ma con i suoi perché, diversi cambi di pendenza e alcuni tratti duri. Ho ripreso un po' di fiato e vedo l'ultimo tornante. Vado su tranquillo, perché non voglio arrivare in cima con il cuore in gola: chi me lo fa fare?
Sento una voce che dice qualcosa come: “Stai andando su piano, eppure sei giovane!” Poi il signore anziano sulla bici da corsa mi affianca, mi guarda e si corregge: “Beh, non proprio tanto giovane! Forse però più di me!”
Sono indeciso se compiacermi per l'apprezzamento del mio lato B ciclistico o il deprezzamento della mia faccia, mentre il tipo prima mi supera di slancio e poi rallenta, proprio all'attacco dell'ultima impennata. Gli stavo dicendo che la sua bicicletta pesa comunque la metà della mia, quando lui mi chiede se ho il cardiofrequenzimetro. Il dottore – mi spiega – gli ha detto di non superare mai un certo numero di battiti. Lui ha 75 anni ed è importante in bici non chiedere troppo al proprio fisico: un accessorio indispensabile!

Mi viene da fare una considerazione. Avere i dati precisi del tuo cuore sotto sforzo è senz'altro utile al dottore che ti segue; può servire anche a chi fa sport agonistico per confrontare le prestazioni ai diversi livelli di allenamento, o magari anche in gara. Ma che occorra un aggeggio elettronico per sapere che ti stai sforzando troppo... se ci si pensa, è abbastanza assurdo! E' il tuo corpo, cribbio! Non sai ascoltarlo?
Io prima avevo il fiato grosso quando la pendenza era forte, e così sono andato avanti piano quando la strada ha spianato, per recuperare un ritmo più tranquillo. Sull'ultima impennata, ho gestito la cosa in modo che non mi tornasse il fiatone, tanto è vero che sono riuscito a fare tranquillamente conversazione con quel signore. Cioè, ho fatto esattamente quello che a lui aveva consigliato il dottore, anche senza il cardiofrequenzimetro. Che certo può essere di aiuto, ma non dovrebbe sostituire la nostra capacità di ascoltare il proprio corpo.

Intendiamoci, può essere interessante ripercorrere poi al computer, con i percorsi, la velocità, le salite le discese, anche tutta la storia del proprio cuore in allenamento, con quei programmi che registrano tutto sul telefonino! Così come sono accessori utili quei contapassi al collo o al polso che alcuni di noi eleggono a sorveglianti attenti delle loro vite sedentarie. Ma si aprono anche possibili scenari inquietanti di esseri dipendenti dalle estensioni digitali, incapaci di autonomia sensoriale: non solo i giovani che senza navigatore satellitare in macchina si perdono, ma anche i vecchi che sentono la necessità di aggeggi elettronici per controllare il proprio cuore. Altro che“gap” tra le generazioni! Dai 15 agli 80, potremmo tutti tendenzialmente ritrovarci deprivati digitali!

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Futuro Dgitale che abbiamo inventato 1 
Futuro Dgitale che abbiamo inventato 2 

venerdì 5 ottobre 2012

Ancora in mostra i “Concittadini inaspettati”

Non so se faccia propriamente notizia, ma ai bambini quelle foto macro di insetti e bacherozzi piacciono sempre, e vedo che anche fuori dalla loro cerchia tutto sommato interessano, e drizzano l'orecchio educatori, intellettuali abitualmente distratti, perfino giornalisti forse annoiati dalla banalità della solita cronaca, politica, nera o sportiva che sia!
Già, a volte basta poco per portare l'attenzione verso qualcosa di diverso dalla finta realtà che finge di appassionarci in televisione, dalla tecnologia non usata ma contemplata ed esibita per moda, dalle possibilità immense di comunicazione consumate in riti di quotidiana inutilità, ormai arresi come siamo e rassegnati all'ineluttabilità delle crisi, economica, ambientale, sociale, umana. E quando questo poco si manifesta, allora molte persone istintivamente si scuotono e ritrovano la molla potente della curiosità.

Si comincia uscendo e guardandosi attorno, e i luoghi quotidiani diventano interessanti quando troviamo l'insetto, non solo quello strano, insolito, raro, ma anche le banali mosche o formiche, che osservate così da vicino non sono poi affatto banali e rivelano dettagli sorprendenti nelle riprese macro, anche quelle a volte sorprendentemente facili, in fotografia e in video.
Ecco che il “gadget” digitale torna ad essere strumento, che accompagna i nostri occhi, le nostre mani, nei gesti di osservare tra l'erba e i sassi, di scavare sotto la terra e le foglie, di chiamare quando troviamo qualcosa. Ecco che il cortile sempre pensato banale si rivela habitat ricco di vita e di insegnamenti. Ecco anche che la “distanza tra le generazioni” diventa un argomento lontano e privo di senso (ma perché mai continuiamo a parlarne come se fosse vera?), e ogni umano con naturalezza partecipa per quello che è e che sa, e scopre la potenza grande del fare insieme. E del condividere, non solo le maestre con bambini, ma i nonni con i nipoti, come oggi che esponiamo in una residenza per anziani.
In realtà, si tratta ancora della mia prima e per ora unica mostra fotografica. Senza la potenza e facilità dei mezzi digitali non sarei mai riuscito a realizzarla. Videocamere che basta avvicinarsi e tenere il polso saldo; macchine fotografiche che puoi provare e riprovare, sbagliare quanto vuoi a costo zero; software di fotoritocco che rendono semplicissimo tagliare le immagini e consentono anche ai non esperti di correggere all'occorrenza colori, ombre e luci; stampanti con cui puoi fare in casa con qualità professionale (anche se forse portare tutto a un laboratorio, a conti fatti può costare meno!)
Sarà una mia fissa, ma continuo a pensare che leggere il giornale o guardare il film nel tablet sono cose che forse semplificano, ma certo non cambiano la vita; fartelo tu il film, o il giornale, con un montaggio vero, i titoli e gli effetti speciali, o l'impaginazione come i professionisti, e poi pubblicare on line così che senza spendere un euro tutto il mondo ti può vedere e leggere: quello magari sì, può cambiarti la vita! Cioè, oggi praticamente chiunque può fare cose che prima non avrebbe mai fatto. E può – come prima non avrebbe mai potuto – diventare protagonista.
Anche solo guardando le foto e ascoltando come sono state scattate insieme con i bambini, i più giovani questa grande possibilità la intuiscono ( e poi ci sono i video, le voci dalle uscite, c'è in rete il Museo Virtuale dei Piccoli Animali, realizzato con il contributo di bambini di tutto il mondo). Vediamo adesso, di questa mostra“Concittadini Inaspettati”, cosa diranno i nonni?

Si inaugura a Brescia, nella residenza Villa Elisa, via S.Polo 2, domani sabato 16 alle ore 11, e resta esposta fino a domenica 21 ottobre.